TUMORE DELL’ESOFAGO

Cenni di anatomia
Figura 1. Anatomia dell’esofago.

L’esofago è un organo tubulare dell’apparato digerente lungo 25-30 cm e largo 2-3 cm attraverso il quale gli alimenti ingeriti passano dalla faringe allo stomaco.
Il passaggio del cibo dalla faringe all’esofago è regolato dallo sfintere esofageo superiore (SES) che svolge una funzione di barriera al reflusso esofago-faringeo e corrisponde ad una zona ad alta pressione.
All’estremità inferiore l’esofago è separato dallo stomaco dallo sfintere esofageo inferiore (SEI) o cardias che permette la discesa del cibo nello stomaco impedendo contemporaneamente il reflusso gastro-esofageo.

Definizione

Per quanto riguarda la sede di origine del tumore, il 50% nasce dalla porzione media dell’esofago, il 35% dalla porzione inferiore e il 15% dalla porzione superiore.
La localizzazione del tumore influisce sulla scelta del trattamento.
Il tumore dell’esofago può diffondersi ai linfonodi, al fegato, agli organi circostanti quali faringe, trachea, bronchi, aorta.

Epidemiologia
  • Il tumore dell’esofago è il nono per incidenza nel mondo e colpisce prevalentemente gli uomini di età superiore ai 50-60 anni (rapporto M:F 3:1).
  • L’incidenza geografica è variabile: nei paesi orientali è pari a circa 20-30 casi/100.000 abitanti l’anno; in Italia circa 4 casi/100.000 abitanti l’anno.
  • Spesso si associa anche ad altri tumori primitivi del cavo orale, della faringe, della laringe e del polmone.
  • In Italia non esiste alcun programma di screening sulla popolazione generale, ovvero non si consiglia di effettuare una gastroscopia alle persone che non hanno sintomi, a meno che non rientrino in categorie ad alto rischio.
Fattori di rischio
I principali fattori di rischio del cancro dell’esofago sono:
  • Fattori genetici come la tilosi palmare e plantare.
  • Alcool e fumo: i fumatori hanno un rischio 5-10 volte maggiore rispetto ai non fumatori. L’alcool oltre ad essere una causa diretta, potenzia l’azione cancerogena del fumo. I soggetti che consumano alcool e tabacco hanno un rischio 100 volte aumentato rispetto a chi non fuma e non beve.
  • L’esofagite peptica ovvero l’infiammazione cronica della mucosa esofagea causata dal reflusso di succhi gastrici acidi. Questa irritazione provoca nel lungo termine quello che viene definito Esofago di Barrett, una condizione precancerosa dalla quale nell’8-20% dei casi può svilupparsi il tumore.
Figura 2. Esofago normale, giunzione gastroesofagea fisiologica.
  • Dieta povera di frutta e verdura e ricca di grassi con un ridotto apporto di vitamina A e zinco.
  • Sovrappeso e obesità, spesso associati al reflusso gastroesofageo e al rischio di sviluppare l’esofago di Barrett.
  • Sindrome di Plummer-Vinson 
Figura 3. Esofago di Barrett.
  • Acalasia, un’alterazione della motilità della muscolatura esofagea che favorisce il reflusso.
  • Lesioni da caustici, possono portare allo sviluppo di tumore anche 40-50 anni dopo l’esposizione.
  • HPV, sembra esserci un’associazione tra tumore dell’esofago e infezione da Herpes Virus.
Prevenzione
Evitare alcool e fumo; ridurre i fattori di rischio di reflusso gastroesofageo (sovrappeso, obesità, elevato consumo di alcool, caffè e sigarette); seguire una dieta equilibrata.
Sintomi

Inizialmente il cancro dell’esofago si manifesta con:

  • disfagia, ovvero difficoltà nella deglutizione dei cibi prima solidi e poi liquidi a volte associata a dolore
  • perdita progressiva di peso
  • vomito precoce

Nei casi più avanzati la crescita del tumore può provocare:

  • dolore retrosternale
  • tosse insistente da rigurgito di liquidi o cibo nelle vie aeree
  • scialorrea, ovvero un rigurgito di saliva per via dell’ostruzione data dalla massa tumorale
  • un calo o un’alterazione del tono di voce per coinvolgimento dei nervi che controllano la mobilità delle corde vocali
  • ingrossamento dei linfonodi laterali del collo e sovra clavicolari
  • versamento pleurico, ovvero accumulo di liquido nel rivestimento del polmone che causa difficoltà respiratorie.

La presenza di metastasi può causare:

  • dolori ossei
  • ingrossamento del fegato.
Diagnosi
  • Esofagogastroduodenoscopia (EGDS) ovvero l’esplorazione visiva diretta della prima parte del tubo digerente che si attua mediante un endoscopio flessibile (un sottile tubo introdotto attraverso la bocca) e consente di visualizzare la lesione, identificare la sede del tumore e prelevare frammenti di tessuto (biopsia) per un esame istologico.
  • Radiografia dell’esofago con mezzo di contrasto (solfato di bario).

L’associazione di queste due metodiche aumenta la sensibilità diagnostica del 99%.

  • Ecoendoscopia che consente di valutare con maggiore accuratezza la profondità dell’infiltrazione degli strati della parete esofagea e l’eventuale coinvolgimento linfonodale.
Figura 4. Ecoendoscopia (EUS).
  • Tomografia computerizzata (TC) total body con mezzo di contrasto per escludere la presenza di metastasi.
  • Tomografia ad emissione di positroni (PET), un esame che richiede l’uso di una piccola quantità di glucosio radioattivo (FDG 18) allo scopo di evidenziare eventuali metastasi non visibili alla sola TC. Nel nostro centro associamo frequentemente la PET alla TC (PET/TC) al fine di migliorare ulteriormente l’accuratezza delle immagini.
  • Ecografia del collo per valutare il coinvolgimento dei linfonodi ed eventualmente effettuare un agoaspirato.
Nel caso in cui il paziente abbia sintomi che pongano il sospetto di neoplasia o semplicemente voglia sapere se per determinati sintomi sia necessario un approfondimento con esame strumentale, richieda una visita presso i nostri ambulatori.
Terapia

La valutazione riguardo la possibile terapia del cancro dell’esofago deve essere sempre effettuata da un team multidisciplinare composto da endoscopisti, chirurghi, oncologi, radioterapisti, anatomopatologi.
Le possibilità di guarigione e la scelta del trattamento dipendono dalla sede e dallo stadio del tumore, dall’età e dalle condizioni generali del paziente.
Oggi si ricorre alla chirurgia nei casi diagnosticati precocemente, mentre è controindicata in caso di metastasi, condizioni generali di salute scadenti.
Nelle forme iniziali superficiali si può eseguire una mucosectomia endoscopica o una dissezione sottomucosa endoscopica.
Nei casi operabili si asporta il tratto di esofago interessato dal tumore e i linfonodi regionali con successiva ricostruzione del canale alimentare effettuata ricongiungendo la porzione sana di esofago residuo con lo stomaco.
Conseguentemente all’asportazione dell’esofago e alla modificazione dell’anatomia dello stomaco, l’alimentazione dovrà essere modificata: sarà necessario effettuare pasti piccoli e frequenti e integrare farmacologicamente vitamine e sali minerali.
Presso la nostra Unità Operativa ci si avvale di tecniche mini-invasive quali laparoscopia e chirurgia robot-assistita per gestire procedure endoscopiche ad alta complessità e per eseguire contemporaneamente interventi di chirurgia avanzata.
L’approccio laparoscopico permette di eseguire le classiche manovre chirurgiche attraverso strumenti introdotti in addome tramite piccole incisioni, evitando in questo modo il taglio mediano.
Nella chirurgia robot-assistita, il chirurgo controlla le braccia del robot tramite una console dotata di monitor, vicino al tavolo operatorio. La console fornisce al chirurgo una vista ad alta definizione, tridimensionale e ingrandita del sito chirurgico, consentendogli maggiore precisione e controllo dei movimenti.
Entrambe queste tecniche permettono di ottenere nei pazienti idonei gli stessi risultati oncologici dell’approccio tradizionale “a cielo aperto” ma consentono un recupero più rapido e minori complicanze.

Figura 5. Esofagectomia: asportazione dell’esofago, tubulizzazione dello stomaco e anastomosi esofago-gastrica e gastro-duodenale.
Nei casi localmente avanzati o con sospetto coinvolgimento dei linfonodi prima dell’intervento chirurgico può rendersi necessaria la chemioterapia neoadiuvante eventualmente associata alla radioterapia al fine di migliorare le possibilità di asportazione chirurgica radicale e ridurre il rischio di recidiva post-operatoria. Nei pazienti non operabili si ricorre alla chemioterapia eventualmente associata alla radioterapia. Quest’ultima grazie alle moderne attrezzature, distrugge le cellule tumorali in modo specifico e preciso evitando danni alle strutture circostanti.
Figura 6. Trattamento palliativo: terapia fotodinamica con distruzione del tessuto tumorale
Nei pazienti in fase avanzata non candidabili né a chirurgia né a chemio/radioterapia si effettuano terapie palliative volte a ridurre il dolore e a consentire l’alimentazione tramite posizionamento di protesi per dilatare il lume dell’esofago ristretto dal tumore. Essendo presente presso la nostra U.O. un gruppo multidisciplinare che si occupa di questo tipo di patologia, il paziente verrà indirizzato allo specialista di riferimento in base allo stadio di malattia.
Figura 7. Trattamento palliativo: posizionamento di stent.