ACALASIA
Cenni di anatomia
L’esofago è un organo tubulare dell’apparato digerente lungo 25-30 cm e largo 2-3 cm attraverso il quale gli alimenti ingeriti passano dalla faringe allo stomaco
Il passaggio del cibo dalla faringe all’esofago è regolato dallo sfintere esofageo superiore (SES) che svolge una funzione di barriera al reflusso esofago-faringeo e corrisponde ad una zona ad alta pressione.
All’estremità inferiore l’esofago è separato dallo stomaco dallo sfintere esofageo inferiore (SEI) o cardias, una valvola che si apre al passaggio del cibo e si richiude subito dopo.
La chiusura di questa valvola è fondamentale, poiché impedisce al contenuto gastrico di risalire in esofago dando origine al reflusso. L’acidità dei succhi gastrici rilasciati nello stomaco per la digestione del cibo, infatti, danneggerebbe le pareti dell’esofago.
Definizione
Fisiologicamente il cibo ingerito percorre l’esofago in direzione dello stomaco grazie a contrazioni involontarie della muscolatura esofagea (movimenti peristaltici).
L’acalasia è caratterizzata da due aspetti: un’alterazione della motilità esofagea con mancata propagazione delle onde peristaltiche e un ipertono dello sfintere esofageo, ovvero una pressione maggiore rispetto allo sfintere sano che non consente il suo rilasciamento adeguato e coordinato quando il bolo alimentare passa dall’esofago allo stomaco.
Ne consegue un ostacolo al passaggio dapprima di acqua e successivamente anche di cibo che determina la principale sintomatologia del paziente affetto da acalasia: la disfagia, ovvero la difficoltà alla deglutizione.
In fase avanzata, generalmente dopo alcuni anni, l’esofago si dilata eccessivamente e assume la morfologia del megaesofago.
La difficoltà di passaggio del cibo non deve comunque mai essere sottovalutata perché può essere il primo sintomo di una neoplasia esofagea.
Epidemiologia
L’acalasia è una patologia funzionale dell’esofago che colpisce in uguale misura uomini e donne tra i 30 e i 60 anni con un picco intorno ai 40. L’incidenza è di circa 8 casi/100.000 abitanti all’anno.
Fattori di rischio
L’acalasia esofagea ha cause ancora poco note. Questa patologia sembrerebbe legata alla distruzione dei plessi nervosi dell’esofago che quindi non sarebbero più in grado di regolare il rilasciamento dello sfintere nel momento della deglutizione.
Il processo patologico potrebbe essere scatenato da una risposta infiammatoria e immunologica ad un’infezione da parte di un virus (ad esempio l’herpes virus) o del parassita Tripanosoma cruzii.
Sintomi
L’acalasia esofagea è caratterizzata da tre sintomi tipici (la triade esofagea):
- disfagia: il senso di arresto del bolo, difficoltà alla deglutizione prima dei liquidi e successivamente dei solidi (disfagia paradossa). In rari casi può comparire prima la disfagia per i liquidi che per i solidi.
- scialorrea: una salivazione abbondante e frequente
- rigurgito alimentare: il cibo risale in bocca e viene espulso in assenza di nausea e conati.
Talvolta questi sintomi possono essere confusi con quelli provocati dal reflusso gastroesofageo, patologia molto più frequente dell’acalasia.
Successivamente si manifestano: - perdita di peso
- dolore toracico, che può presentarsi in ogni momento ma che è particolarmente frequente di notte, si irradia alla schiena e può essere associato a stato di stress.
- tosse più frequentemente notturna, provocata dal passaggio del materiale che ristagna in esofago in laringe e quindi in trachea.
Nella fase del megaesofago in conseguenza della fermentazione del ristagno alimentare nell’esofago, si possono instaurare: - infiammazione mucosa cronica o esofagite da ristagno
- candidosi
- cancro dell’esofago
Diagnosi - Radiografia dell’esofago e dello stomaco con bario: permette di evidenziare la deformazione e il restringimento dell’esofago e il ridotto e rallentato passaggio del mezzo di contrasto nello stomaco;
- Esofagogastroduodenoscopia (EGDS) ovvero l’esplorazione visiva diretta della prima parte del tubo digerente che si attua mediante un endoscopio flessibile (un sottile tubo introdotto attraverso la bocca) per escludere la presenza di tumori o di infiammazioni croniche.
- Manometria esofagea: un esame che conferma la diagnosi, durante il quale viene inserita una sonda dal naso o dalla bocca che permette di misurare le contrazioni dello sfintere esofageo inferiore e le onde peristaltiche esofagee durante la deglutizione. Se è presente l’acalasia lo sfintere inferiore non è in grado di rilassarsi e non è presente la peristalsi muscolare.
Nel caso in cui il paziente abbia sintomi che pongano il sospetto di acalasia o semplicemente voglia sapere se per determinati sintomi sia necessario un approfondimento con esame strumentale, richieda una visita presso i nostri ambulatori.
Terapia
Le opzioni terapeutiche per l’acalasia esofagea sono:
- la terapia medica con i calcio-antagonisti. Questi farmaci devono essere assunti ogni volta che il paziente si accinge a deglutire solidi e/o liquidi e producono il rilasciamento temporaneo dello sfintere esofageo inferiore.
Gli effetti collaterali associati possono essere cefalea e ipotensione.
La terapia farmacologica oggi ha indicazione molto limitata, particolarmente in persone anziane ed in condizioni generali non idonee.
- L’inoculazione per via endoscopica della tossina botulinica che riduce la pressione dello sfintere esofageo inferiore con effetto immediato, ma sono frequenti le recidive con necessità quindi di ripetute iniezioni. Nel 40-50% dei casi insorge resistenza al trattamento.
Anche questa terapia è oggi riservata a pazienti particolari, quali ad esempio le gestanti che potranno essere trattate alternativamente dopo il parto.
- La dilatazione pneumatica del cardias, una manovra che viene eseguita con appositi dilatatori introdotti per bocca in regime di anestesia locale e sedazione. Il dilatatore è un palloncino cilindrico lungo 12 cm e di diametro variabile da 2 a 4 cm, a seconda della gravità della patologia. Il palloncino viene introdotto con una sonda e gonfiato una volta raggiunta la giunzione gastroesofagea determinando la lacerazione delle fibre muscolari dell’esofago e quindi la riduzione della pressione dello sfintere esofageo. Tale terapia essendo solo sintomatica e non risolutiva, è riservata ai pazienti ad alto rischio per intervento chirurgico. L’efficacia di questa metodica varia tra il 50-90%, ma il rischio di perforazione dell’esofago è pari al 2-8% dei casi praticati; il 25% delle persone che si sottopongono a questo tipo di terapia necessita di trattamenti ripetuti.
- La POEM (per-oral endoscopic myotomy) è una miotomia che prevede la sezione delle fibre muscolari dell’esofago attraverso un’endoscopio flessibile trans-orale. Tale tecnica permette di ottenere un trattamento curativo della disfagia nel 80-90% dei pazienti ma è gravata dall’insorgenza di reflusso gastroesofageo nel 40-50% dei casi.
- L’intervento chirurgico di miotomia extramucosa secondo Heller associato alla plastica antireflusso secondo Dor eseguito con tecnica laparoscopica o robot-assistita è attualmente la metodica di scelta. Si incide la muscolatura della superficie anteriore del tratto terminale dell’esofago e della prima porzione dello stomaco per circa 6-7 cm; successivamente viene confezionata una plastica antireflusso ripiegando la parete anteriore dello stomaco sull’esofago e fissandola ad esso e al diaframma con dei punti di sutura. L’intervento chirurgico risulta essere curativo in oltre il 90% dei casi; mortalità e morbilità sono quasi prossime allo 0%; la percentuale di reflusso gastroesofageo post operatorio è inferiore al 5%.
Presso la nostra Unità Operativa ci si avvale di tecniche mini-invasive quali laparoscopia e chirurgia robot-assistita per gestire procedure endoscopiche ad alta complessità e per eseguire contemporaneamente interventi di chirurgia avanzata.
L’approccio laparoscopico permette di eseguire le classiche manovre chirurgiche attraverso strumenti introdotti in addome tramite piccole incisioni, evitando in questo modo il taglio mediano.
Nella chirurgia robot-assistita, il chirurgo controlla le braccia del robot seduto davanti ad una console dotata di monitor, vicino al tavolo operatorio. La console fornisce al chirurgo una vista ad alta definizione, tridimensionale e ingrandita del sito chirurgico, consentendogli maggiore precisione e controllo dei movimenti.
Il decorso successivo al trattamento varia in funzione della metodica terapeutica adottata.
Dopo dilatazione pneumatica e POEM viene in genere consigliato di mangiare sempre in posizione verticale, mai stesi o sdraiati; masticare bene e lentamente il cibo; bere molta acqua durante i pasti; evitare di mangiare prima di andare a dormire; evitare di mangiare alimenti che aggravino il reflusso gastroesofageo, ( agrumi, alcool, cioccolato, caffeina); usare diversi cuscini per dormire, in modo da mantenere la testa alzata rispetto al corpo per agevolare lo svuotamento dell’esofago per gravità.
Dopo l’intervento chirurgico l’alimentazione torna ad essere normale già dopo 2-3 settimane; potrà persistere un lieve dolore toracico che in genere si attenua nel tempo.
Essendo presente presso la nostra U.O. un gruppo multidisciplinare che si occupa di questo tipo di patologia, il paziente verrà seguito da differenti specialisti per tutta la durata dell’iter diagnostico-terapeutico e verrà consigliato riguardo la migliore tipologia di trattamento personalizzato.